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Sarah Meli – MioDottore.it

 
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Ascoltare le emozioni: da quando?

Aver cura delle emozioni sin da piccolissim* significa aver cura dell’uomo e della donna che sarà…

Raccontare ai neogenitori che dopo nove mesi trascorsi in pancia, * nostr* piccol* nascono solo perchè la conformazione del nostro bacino lo richiede e non perchè il loro sviluppo è completato, significa informare su quanto sia importante continuare a crescere fuori dalla pancia, a contatto con il nostro corpo, nutrit* dai nostri seni ma ancora di più dalla nostra presenza emotiva…e allora coccole, fascia, condivisione del lettone…separati continuare a rimanere in contatto, così come una buona esogestazione vorrebbe essere vissuta.

E invece ciò che spesso si sente dire a proposito di neonate e neonati è che una volta nat* bisogna abituarli all’autonomia, non rispondere prontamente ai loro bisogni, perchè il pianto è frustrazione che servirà ad affrontare meglio gli eventi complicati della vita, per questo motivo dopo un’ora dalla nascita subito il ciuccio per evitare che possa confonderlo con la tetta e una volta a casa subito in cameretta, che poi altrimenti in camera con i genitori ci rimane fino a 18 anni e l’allattamento al seno sì ma non a richiesta, perchè il/la bimbo/a si deve regolarizzare…e si potrebbe continuare ancora, con tantissimi altri esempi, tutti uniti da un solo denominatore…anestetizzare lentamente al contatto con le emozioni, non lasciar liberi i genitori di essere e di esprimere ciò che vogliono e ugualmente il neonato e la neonata…che da subito deve essere perfettamente incasellat* nella routine dei genitori…perchè, per questo modo di pensare, l’arrivo di un* figli* si definisce riuscito se lascia intatta l’omeostasi della coppia genitoriale…insomma se questo concetto fosse un’immagine è quella del terzo che si stringe, si assottiglia per farsi spazio, piuttosto che una coppia che si allarga per accogliere.

La maggior parte dei genitori, nell’intimità del proprio sentire, abbraccia la cultura dell’ascolto, del contatto…la cultura che vive il pianto di un* neonat* allo stesso modo del pianto di un* adult*…se un* adult* piange, la tendenza di tutti noi è di consolarlo, eppure questo non vale se a piangere è un * piccolissim*, sempre per la già citata “frustrazione necessaria”. Non è sempre facile riconoscersi il proprio sentire come competente, soprattutto se si è alla prima esperienza genitoriale, e allora circondati da esperti, amici, familiari pronti a dire la propria, succede che ci si lascia convincere, orientandosi in base a ciò che qualcun altro ci ha consigliato/indicato di fare.

I neonati e le neonate crescono, diventano, bambini e bambine con nuovi bisogni e improvvisamente verso la soglia della preadolescenza quella cultura che ha invitato i genitori a non cedere di fronte al pianto notturno del neonat* lasciat* solo nella cameretta o di fronte al bisogno di essere pres* in braccio, coccolat*, dice che bisogna educare i giovani e le giovane preadolescenti alla psico-affettività. Perché ora si e prima no? quel preadolescente impacciato con i primi turbamenti emotivi, quella ragazzina che passa giornate chiusa nella sua camera, senza riuscire a nominare le sue emozioni, sono quel neonato e quella neonata che questa stessa cultura ci ha invitato ad ignorare, a tenere alla giusta distanza, a non “viziare”.

Cultura anafettiva, del non-amore, che non riconosce competenze e risorse ai genitori, offrendo esperti programmati a dare risposte senza accogliere le domande, cultura che preferisce investire su progetti di riduzione del danno piuttosto che sulla promozione della salute e del benessere… Cultura che educa individui decentrati da se stessi, analfabeti emotivi e non senza un piano preciso.

Riconoscere ad un individuo la libertà di scegliere che genitore essere partendo dal proprio sentire significa perdere il controllo della società che sarà, perchè non da la certezza del prodotto finale, che per essere sufficientemente adeguato deve essere plasmabile, omologabile. Al contrario considerare l’unicità dei vissuti e dei bisogni di un individuo fin dalla nascita significa abbandonare la logica dell’esperto che vende metodi preconfezionati adatti a tutt* per promuovere l’empatia, l’ascolto da parte delle figure genitoriali nel riconoscere, leggere e soddisfare i bisogni del*figli*…questo parla di una relazione che mette al centro sin da subito l’affettività e che si lascia orientare da questa, in una danza empatica e circolare che coinvolge tutti i membri della famiglia, in un clima di rispetto e pariteticità.

La psicologia perinatale molto ci ha detto a proposito, oggi sappiamo che già durante i nove mesi di gestazione l’esperienza di contatto per il feto è fonte di piacere e di conferma di sè, rappresentando i primi passi verso la costruzione di quella sicurezza di base che permetterà all’uomo e alla donna che sarà di essere autonom* e non dipendente, consapevole e non ignar*, critico e non arrendevole.
Da qui bisognerebbe partire con l’alfabetizzazione emotiva.

Coccole-mani